Sostenibilità e Greenwashing …due fenomeni ancora da inquadrare
Affidarsi solo a messaggi ben confezionati nelle strategie di marketing non è più sufficiente per le aziende. Nell’attuale era digitale e della sostenibilità, c’è bisogno di una profonda trasformazione per adattarsi ai nuovi comportamenti dei consumatori e alle crescenti aspettative ambientali. Le aziende, per acquisire un notevole vantaggio competitivo sul mercato, devono assumersi la responsabilità delle proprie azioni e saper strutturare uno storytelling con le giuste parole veritiere, in maniera coinvolgente e accattivante, senza sfociare però nel fenomeno del greenwashing. Ora devono affrontare una nuova generazione di consumatori esigenti e consapevoli che richiede azioni concrete anziché promesse vaghe. Una generazione che è scettica di fronte alle informazioni trasmesse dalle strategie di marketing che vengono attuate dalle aziende. La nuova generazione, denominata Gen Z, pone particolare enfasi su questioni come il cambiamento climatico e la riduzione dei rifiuti, rendendo la sostenibilità un tema personale e urgente. In particolare, questa nuova generazione, concentrando maggiore attenzione all’ambiente e ad un approccio etico da parte delle aziende, ha ridefinito anche il concetto di consumo, trasformandolo in un’azione di espressione personale e sociale con valori e ideali. Input ed elementi fondamentali che non possono essere omessi nelle strategie di marketing e nell’identità aziendale. Soprattutto per quelle aziende che, valutando le proprie iniziative ESG (ambientali, sociali e di governance), vogliono soddisfare le aspettative dei consumatori e creare un futuro migliore. Tuttavia, senza troppe difficoltà, i brand dovranno comunicare in modo efficace i propri sforzi verso la sostenibilità, affrontare le questioni globali e rispondere con trasparenza ai desideri dei consumatori. La consapevolezza che una reputazione negativa in termini di sostenibilità porterà conseguenze sulle vendite e che invece abbracciando la sostenibilità con determinazione si potrà ottenere un vantaggio competitivo significativo, è senz’altro una condizione e un fattore su cui l’imprenditoria si potrà edificare. L’integrazione della sostenibilità nelle strategie di marketing non è più pertanto una tendenza di nicchia, ma una necessità imperativa. Anche anni prima che diventasse un tema diffuso o predominante, alcune aziende avevano già iniziato a evidenziare gli effetti negativi del consumismo. In realtà, il marketing e la comunicazione stanno già abbracciando la transizione ambientale e digitale, anticipando le esigenze dei consumatori del futuro, ma la verità, la credibilità e il racconto autentico diverranno le chiavi del successo per quelle aziende che vorranno prosperare in un mondo esigente e in continua evoluzione.
Nuove regole verso un Consumo più Sostenibile
Ad integrazione della direttiva 2005/29/CE, attualmente in fase di discussione a livello di commissione parlamentare, il Parlamento Europeo ha introdotto specifiche più restrittive, mediante la modifica di alcuni articoli di legge. Una normativa a beneficio dei diritti dei consumatori in modo che gli stessi possano prendere decisioni più informate e stimolare in tal modo la domanda e l’offerta di beni più sostenibili. Requisiti essenziali per i consumatori in quanto non dovrebbero essere ingannati sulle caratteristiche ambientali o sociali di un prodotto o sugli aspetti relativi alla circolarità, quali la durabilità, la riparabilità o la riciclabilità. La nuova legge europea segna un momento significativo nella lotta per un consumo più sostenibile e contro il fenomeno del greenwashing, proteggendo i consumatori da dichiarazioni ambientali fuorvianti e a promuovere un consumo consapevole. Le regole entreranno in vigore entro il 2026 e pongono un’enfasi particolare sull’etichettatura chiara e affidabile dei prodotti. La relatrice Biljana Borzan ha sottolineato: – Questa legge cambierà il quotidiano di tutti gli europei! Ci allontaneremo dalla cultura dello scarto, renderemo più trasparente il marketing e combatteremo l’obsolescenza prematura dei beni. Le persone potranno ora scegliere prodotti più durevoli, riparabili e sostenibili grazie a etichette e pubblicità affidabili. Soprattutto, le aziende non potranno più ingannare le persone dicendo che le bottiglie di plastica sono buone perché l’azienda ha piantato alberi da qualche parte, o dichiarare che qualcosa è sostenibile senza spiegare come. Questa è una grande vittoria per tutti noi! – In particolare, le nuove regole vietano l’uso di indicazioni ambientali generiche come “rispettoso dell’ambiente“, “rispettoso degli animali“, “verde“, “naturale“, “biodegradabile“, “a impatto climatico zero” o “eco” se non supportate da prove scientifiche. In sintesi, le nuove direttive regolamenteranno l’uso dei marchi di sostenibilità, richiedendo che siano basati su sistemi di certificazione approvati. Inoltre, vieteranno le dichiarazioni che suggeriscono un impatto sull’ambiente neutro, ridotto o positivo in virtù della partecipazione a sistemi di compensazione delle emissioni. La legge pone anche un’enfasi sulla durata dei prodotti, rendendo più visibili le informazioni sulla garanzia e introducendo un nuovo marchio per evidenziare i prodotti con periodi di garanzia più estesi, vietando indicazioni infondate sulla durata dei prodotti e la sostituzione dei beni di consumo prima del necessario.
Nonostante i passi avanti, la nuova legge non è priva di critiche. Mentre molti attivisti ambientali sono delusi che questa legge non proibisce ma limita le pratiche dannose dell’obsolescenza programmata, le associazioni di categoria tessile incalzano e fanno notare invece di aver bisogno di sub-regolamenti diversi, perché i prodotti del mondo moda sono molto diversi tra loro e dai prodotti generici e non possono avere i medesimi standard.
Quali benefici contro greenwashing e l’obsolescenza programmata?
Il greenwashing, una strategia di marketing che promuove prodotti o attività come ecologici quando non lo sono, sfrutta la crescente preoccupazione ambientale dei consumatori.
Parallelamente, l’obsolescenza programmata è una tattica commerciale che mira ad accorciare deliberatamente la vita utile dei prodotti per stimolare la domanda di nuovi modelli. Questa pratica è diventata diffusa non in tutti i settori ma con la proliferazione di dispositivi come smartphone e elettrodomestici “usa e getta”. Il greenwashing e l’obsolescenza programmata sono in realtà pratiche commerciali dannose che hanno un impatto negativo sui consumatori e sull’ambiente. Limitare queste pratiche sarebbe vantaggioso sia per i consumatori che per l’ambiente. Una maggiore trasparenza e affidabilità delle informazioni ambientali aiuterebbe i consumatori a fare scelte più informate, mentre una maggiore durata e qualità dei prodotti ridurrebbe la necessità di sostituzioni frequenti, risparmiando denaro e risorse. A livello istituzionale, norme e regolamenti che sanzionano le pratiche ingannevoli sono essenziali. La nuova direttiva dell’Unione Europea è un passo nella giusta direzione e l’efficacia della sua implementazione è cruciale. Inoltre, è necessario promuovere la responsabilità sociale e ambientale delle aziende, incoraggiando la produzione di prodotti sostenibili. A livello individuale, i consumatori possono contribuire evitando acquisti impulsivi, verificando le fonti e le certificazioni delle informazioni ambientali, e preferendo prodotti con garanzie di durata, riparabilità e riciclabilità. Partecipare a iniziative di sensibilizzazione e denuncia del greenwashing e dell’obsolescenza programmata è un altro modo per contrastare queste pratiche dannose, creando una comunità più consapevole e attiva. Il greenwashing e l’obsolescenza programmata rappresentano sfide significative per limitare queste pratiche e non solo ne beneficerebbero i consumatori garantendo loro una maggiore trasparenza e affidabilità delle informazioni, ma anche l’ambiente, riducendo i rifiuti, le emissioni e l’inquinamento e promuovendo una transizione verso un’economia circolare.
…in tutto ciò cosa dicono le aziende?
Il divario percettivo delle aziende
Un aspetto rilevante è il divario di percezione tra imprenditori e consumatori riguardo al greenwashing. Mentre solo il 17% degli imprenditori ritiene che i consumatori siano preoccupati da questa pratica, il 33% dei consumatori a livello globale pensa che le organizzazioni stiano facendo greenwashing con le loro iniziative di sostenibilità. Questo scetticismo è particolarmente evidente tra i consumatori più giovani della Generazione Z, con il 50% di loro che non si fida mai o raramente delle affermazioni ambientaliste legate agli acquisti. Un numero sempre maggiore di aziende sta concentrando sforzi e risorse nella dimensione sociale all’interno della loro strategia ESG (ambientale, sociale e di governance). Secondo un’indagine condotta su un campione di dirigenti, il 56% di loro afferma che la propria organizzazione si sta occupando sempre più della sostenibilità sociale con i dipendenti che ne traggono i principali benefici. Tuttavia, emerge anche che le aziende potrebbero fare di più per sostenere i lavoratori della catena di fornitura. Nonostante un aumento del riconoscimento dell’importanza della sostenibilità, soprattutto in un contesto di eventi meteorologici estremi e cambiamenti climatici sempre più evidenti, gli investimenti rimangono invariati. L’investimento medio annuo in iniziative di sostenibilità ambientale rappresenta solo lo 0,92% del fatturato totale delle aziende, con una spesa totale che tende ad aumentare con le dimensioni dell’organizzazione ma che diminuisce come percentuale del fatturato totale nelle aziende più grandi. Le organizzazioni stanno facendo progressi nella definizione delle loro roadmap di sostenibilità, con il 61% dei dirigenti che afferma che la propria azienda ha stilato un elenco prioritario di iniziative da attuare nei prossimi anni. Si evince però che molti ancora operano su iniziative discrete senza una strategia globale o meccanismi di governance. Sebbene si siano registrati miglioramenti nella maturità delle organizzazioni in materia di sostenibilità, è necessario un aumento degli investimenti e un maggiore impegno nella definizione di strategie e obiettivi concreti per affrontare le sfide ambientali e sociali attuali. Per attuare quanto richiesto dalle direttive europee e dai consumatori nei tempi prefissati, le organizzazioni stanno guardando sempre più alla tecnologia digitale, in particolare all’IA generativa, per riceve un aiuto di attuazione e per raggiungere i loro obiettivi di sostenibilità. Il 59% dei dirigenti ritiene difatti che questa tecnologia giocherà un ruolo chiave nella trasformazione aziendale, ma allo stesso tempo il 57% ha iniziato ad adottare misure per mitigare l’impatto ambientale derivante dall’utilizzo di modelli di IA generativa. Difatti, anche l’IA non è esente da criticità. Gli studi condotti dall’Università del Massachusetts, Amherst, evidenziano che l’addestramento di modelli avanzati di intelligenza artificiale può comportare emissioni significative di anidride carbonica equivalente, paragonabili a quelle di diverse auto americane durante il loro ciclo di vita. Questo richiede la necessità di monitorare e contenere il consumo energetico associato all’addestramento delle reti neurali, al fine di mitigare l’impatto ambientale dell’IA e garantire che il suo utilizzo contribuisca effettivamente agli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030.
In epilogo
La nuova direttiva in discussione a livello parlamentare integra le asserzioni ambientali e stabilisce le condizioni per il loro utilizzo. L’intelligenza artificiale offre opportunità nel marketing e nella sostenibilità, ma è necessario bilanciarne i benefici con l’impatto ambientale. La sostenibilità e il greenwashing richiedono un impegno collettivo da parte di aziende, consumatori e normatori. Sebbene tutte le tematiche siano complementari, ci sono ancora sfide di implementazione. Il futuro sostenibile dipende da maggiore aggregazione, trasparenza, educazione e collaborazione tra tutti.