Due Mondi Immateriali che si Incontrano
Quando ho iniziato ad occuparmi di proprietà industriale e di intangible assets era un’epoca ancora troppo ancorata alla proprietà materiale e del metaverso si era parlato soltanto in un libro. Sbagliandomi pensavo non potesse esistere niente di più immateriale degli intangibles, che di tangibile lasciano al titolare un solo certificato di registrazione o attestato di deposito, oltre naturalmente al grande valore aggiunto di cui l’azienda beneficia quando può vantare importanti innovazioni al suo interno.
Era il 1992 quando venne pubblicato Snow Crash, il libro di fantascienza cyberpunk di Neal Stephenson, che per la prima volta parlò di un mondo virtuale chiamato appunto Metaverso e che oggi si manifesta nella sua primitiva versione.
Che cosa sia il Metaverso è ormai perlopiù di dominio pubblico e per chi non abbia già avuto l’occasione di approcciarsi ad esso, con la mente occorre andare ad una serie di mondi virtuali che riproducono in digitale città esistenti o nuovi mondi fantasiosi ai quali si accede tramite visori 3d ed è possibile vivere, per il tramite del proprio io virtuale, ossia l’Avatar, esperienze virtuali come viaggi, eventi, esperienze lavorative o conferenze.
È quindi ipotizzabile che le aziende di produzione o di servizi possano “replicare” la loro attività nell’ambito del metaverso al fine di testare nuovi prodotti, ai fini promozionali o per veicolare servizi peculiari che potrebbero trovare nel metaverso un maggior riscontro.
A coronare il funzionamento del Metaverso è la blockchain, grazie alla quale è possibile sia garantire gli scambi di assets nei mondi virtuali sia tenere traccia di opere d’arte virtuali quali gli NFT (non fungible token) che nella blockchain vengono “identificati” attraverso un codice che li rende unici.
A fronte di queste veloci evoluzioni del mondo di internet, si pongono una serie di questioni giuridiche che possono mettere in crisi i principi su cui si basa la Proprietà Industriale. In particolare, mi riferisco a questioni di natura identitaria, di pertinenza territoriale dei diritti, di estensione delle protezioni dei diritti di Proprietà Industriale e sorveglianza delle violazioni.
Una nuova disciplina tutta da studiare: come è possibile agire con gli strumenti a Disposizione
Nel Metaverso non è immediato risalire all’identità dei soggetti che lo popolano e quindi, calandoci nella casistica della Proprietà Industriale, chi sono i soggetti da intimare nei casi di contraffazione? Il reperimento delle informazioni sulla titolarità potrebbe non essere immediato e ciò renderebbe meno incisiva un’ipotetica reazione contro le infrazioni.
Ma non solo. Tutta la normativa in materia di marchi è ancorata ad un concetto di territorialità e di giurisdizione applicabile, sulla base del quale il marchio riceve protezione giuridica nei territori in cui è stato tutelato (depositato, registrato o usato quando l’ordinamento lo consente) e sulla base di tale diritto protetto è possibile agire. Il Metaverso manca invece di un vero e proprio ancoraggio territoriale e non è collegabile automaticamente ad uno Stato sovrano.
Può allora il titolare di un marchio italiano, non esteso in altri paesi reagire a fronte di una violazione del proprio diritto? La risposta probabilmente va cercata caso per caso in base agli elementi fattuali che emergeranno dalla situazione verificatasi in concreto. Potrebbe avere maggior chance di accedere a tutela il titolare di un marchio Europeo per via della maggiore estensione territoriale.
Certamente potranno avere vita più facile i titolari dei marchi famosi che secondo i principi di diritto industriale, a certe condizioni, sono tutelati sia in assenza di una protezione territoriale sia per prodotti o servizi anche non affini al settore in cui sono utilizzati e registrati.
In assenza di condizioni di notorietà dei marchi da azionare, un ancoraggio territoriale che sia confacente alle regole dei marchi, potrebbe essere rappresentato dal paese in cui si trova il server del software che dà luogo al “metaverso” oppure quello in cui risiede il soggetto che lo ha creato.
Come tutelarsi nel metaverso
Altro nodo cruciale rappresenta la tutelabilità dei “prodotti” venduti nel Metaverso attraverso le liste dei prodotti elaborate per i marchi tradizionali.
In altre parole, il quesito che ci si pone è se è possibile proteggere nel Metaverso la vendita di un capo di abbigliamento virtuale attraverso un marchio che rivendica l’abbigliamento comunemente venduto nel mondo reale.
Non si tratta di un caso di scuola ma, considerando che esistono nel Metaverso dei giochi che permettono di creare capi di abbigliamento che dovranno essere indossati dagli avatar, l’ipotesi che possano essere utilizzati dei marchi conosciuti, del cui avviamento è goloso appropriarsene, non è poi tanto remota.
Un caso piuttosto recente è stato deciso dal Tribunale di Roma che, con un’ordinanza dello scorso 20 luglio 2022, ha ritenuto di accordare tutela ai diritti della Juventus Football Club s.p.a. che aveva subito la riproduzione non autorizzata del marchio della squadra, dei marchi “Juventus” e “Juve” e del design della maglia bianconera contraddistinta dalle due stelle tramite NFT.
La società resistente chiedeva il rigetto della domanda cautelare eccependo che i marchi oggetto di tutela non risultavano registrati nella categoria inerente i prodotti virtuali downloadabili.
Il Tribunale, tuttavia, facendo leva sulla notorietà dei marchi azionati, ha ritenuto che la creazione e commercializzazione delle cards comportasse una contraffazione dei marchi ed il verificarsi di una situazione di confusione derivante dall’idoneità dei segni utilizzati ad indurre in errore il pubblico circa l’esistenza di un legame commerciale o di gruppo tra le società in questione.
Un altro caso piuttosto eclatante ha visto coinvolte Nike e StockX LLC, piattaforma nota tra i giovanissimi.
Nike ha creato nel Metaverso “Nikeland”, una città virtuale dove è testato il gradimento del prodotto sul mercato, in modo da poter lanciare in Nikeland delle novità poi essere vendute sul mercato reale dopo una prova virtuale.
Recentemente, a febbraio 2022, Nike ha intentato una causa contro la piattaforma di e-commerce Stockx davanti a un tribunale distrettuale degli Stati Uniti New York, per presunta violazione del marchio e danno reputazionale. Nello specifico, Stockx stava vendendo token non fungibili (NFT) riproducenti scarpe a marchio Nike, senza autorizzazione della casa madre. La difesa di Stockx ha sostenuto che gli NFT non avevano valore per sé stessi ma erano immagini legate al prodotto originale, regolarmente acquistato.
Il tribunale non ha ancora emesso una decisione in merito a questo caso, ma quando lo farà, saremo in grado comprendere i limiti fissati per l’uso dei marchi nel mondo virtuale.
Certamente, le decisioni della Corte stabiliranno importanti linee guida non solo per l’analisi dei conflitti relativi ai marchi nel metaverso ma anche per guidare i titolari dei marchi sulle modalità di protezione nel mondo virtuale.
Presente e futuro
Nel frattempo, molte aziende hanno iniziato ad attivarsi per estendere le protezioni de propri diritti cercando di limitare il più possibile il rischio del mancato riconoscimento delle tradizionali liste di prodotti.
Al momento la tendenza è quella di proteggere i marchi nelle classi dei prodotti scaricabili on line, dei servizi di vendita on line, o anche servizi di intrattenimento o software con il fine di abbracciare tutte quelle attività che sono legate al metaverso e creare un recinto il più possibile sicuro.
I veri banchi di prova si avranno quando la giurisprudenza si confronterà con i marchi non notori che non potranno contare sulle logiche dell’agganciamento parassitario.
Rimaniamo curiosi e attenti ad ogni evoluzione.