IA tra contraffazione e assenza di tutela
L’intelligenza artificiale (IA) ha potenzialità enormi e ha dimostrato di poter trovare applicazione in numerosissimi campi cha vanno dalla medicina, con capacità di analisi delle casistiche sino all’elaborazione di una diagnosi in tempi che la mente umana non potrebbe sostenere, alla produzione di articoli in campo giornalistico, elaborazione di dati, sino alla guida autonoma.
Queste potenzialità sconvolgono gli animi posto che, in potenza, potrebbero mettere a repentaglio la vita lavorativa di molte persone, ma dall’altro, con i suoi sviluppi rapidi e le capacità sempre più sofisticate, emergono questioni etiche e legali fondamentali riguardanti i diritti d’autore e la tutela delle opere generate da algoritmi intelligenti.
Negli ultimi anni infatti sono state avviate azioni legali e accesi dibattiti sulla possibilità che testi scritti o immagini generati da IA violino i diritti d’autore di altri autori, sollevando interrogativi etici e legali fondamentali o possano accedere alla tutela per diritto d’Autore.
L’Intelligenza Artificiale e la Generazione di Contenuti.
Le versioni più evolute di IA sono in grado in pochi secondi, di scandagliare l’enorme mole di dati in essi caricati, fare una sintesi e produrre testi e immagini che possono essere difficilmente distinguibili da quelli prodotti da esseri umani. Gli algoritmi possono infatti accedere a vasti dataset contenenti opere protette da copyright e utilizzare queste informazioni per generare nuovi contenuti, senza necessariamente rispettare i diritti di chi ha creato l’originale.
Su questo scenario si staglia la recente reazione del New York Times che ha citato in giudizio OpenAI e Microsoft per violazione del copyright, aprendo un nuovo fronte nella battaglia legale sull’uso, non autorizzato, di elaborati altrui per affinare le tecnologie di intelligenza artificiale.
Il Time, come altre testate, ha costruito modelli di business di successo partendo dal giornalismo online, ed ha la necessità impellente di arginare il fenomeno.
Si tratta della prima grande player americana dell’informazione a citare in giudizio i creatori di ChatGPT e altri popolari servizi di A.I., sulla base di presunte violazioni di copyright di articoli realizzati dalla redazione della nota testata. Parte attorea ha sostenuto, dinanzi il tribunale distrettuale federale di Manhattan, che milioni di articoli pubblicati dal Times siano stati utilizzati per addestrare chatbot automatizzati e che ora competono con il canale di notizie come fonte di informazioni affidabili. In altre parole la condotta illecita consisterebbe nell’“utilizzare i contenuti del Times senza pagamento di alcun corrispettivo per creare fonti di informazione che sostituiscono quelli prodotti dal Times, sottraendogli pubblico”.
Il New York Times non ha avanzato una precisa richiesta di risarcimento ma sostiene che la violazione dovrebbe esporre i responsabili a risarcimenti pari a “miliardi di dollari” a causa della “riproduzione e uso illegale di opere d’intelletto”.
L’azione legale è stata intentata a seguito di trattative che avrebbero dovuto condurre ad una “soluzione amichevole” che avrebbe dovuto limitare la produzione dell’intelligenza artificiale generativa attraverso delle “guardie tecnologiche”, tuttavia il tentativo non ha prodotto i risultati sperati e ne è seguita l’azione legale.
L’azione intentata dal New York Times ad ogni modo segue altre azioni legali intentate da scrittori che hanno visto i propri libri dati in pasto all’AI o da altri creativi che temono di essere soppiantati dagli effetti prodotti dall’AI. Getty Images, il sindacato della fotografia, analogamente, ha citato in giudizio una società di A.I. che genera immagini sulla base di istruzioni scritte, affermando che la piattaforma si basa sull’uso non autorizzato dei materiali visivi protetti da copyright di Getty.
Certamente si tratta di aspetti che necessitano di essere regolati e probabilmente una Decisione della Suprema Corte è quanto mai opportuna per regolare la questione.
Occorre del resto considerare che gli interessi in gioco sono molteplici e se da un lato sotto il profilo economico, OpenAI e altri sistemi A.I., stanno attirando miliardi di dollari in finanziamenti, dall’altro decisioni che dovessero avvantaggiare le aziende di A.I., potrebbero avere importanti implicazioni per l’industria dell’informazione.
A fronte di questi scenari sembra necessario affrontare il problema della violazione dei diritti d’autore da parte dell’IA adottando un approccio multidisciplinare e cooperativo che potrebbe includere:
- Aggiornamento delle Leggi: Le legislazioni sui diritti d’autore devono essere riviste e aggiornate per affrontare le sfide poste dall’IA e garantire una protezione adeguata per gli artisti e gli autori.
- Tecnologie di Tracciamento e Rilevamento: Sviluppare nuove tecnologie per tracciare e rilevare la generazione automatica di contenuti e per proteggere le opere originali dai tentativi di plagio.
- Introduzione di limitazioni “forzose” all’uso: Introduzione di limitazioni all’uso dei contributi generativi e educazione degli utenti dell’IA, compresi gli sviluppatori e gli utilizzatori finali, sui rischi associati alla violazione dei diritti d’autore e sulle migliori pratiche per evitare tali violazioni.
La Tutelabilità delle Opere Generate.
Altra questione riguarda la possibile tutela delle opere generate dall’AI.
La legge italiana sul diritto d’Autore Legge 633/1941 non fornisce una definizione di autore né tantomeno di creatività e originalità, mentre negli ordinamenti di Common Law, la legge sul copyright individua tre presupposti, ossia skill (competenza creativa), labour (impegno, lavoro) e judgement (capacità di discernere, distinguere e scegliere gli elementi distintivi dell’opera).
Pertanto, per la giurisprudenza anglo-americana, le opere prodotte con sistemi di intelligenza artificiale presentano skills e labour, mentre manca, il judgement pertinente all’essere umano.
Ciò fa sì che si abbia del diritto d’Autore una visione antropocentrica che impedisce di poter riscontrare un qualche diritto d’autore sulle opere generate da algoritmi, per via della mancanza del requisito della creatività umana.
A ben vedere la ragione dell’assenza di protezione potrebbe essere rintracciata nel fatto che gli input di creatività arrivano dalla mente umana e dalla sua abilità di abbinare conoscenze in modo bizzarro e inusuale e che è l’uomo a decidere l’effetto finale che si vuole ottenere. In alcuni casi però l’intelligenza artificiale potrebbe produrre in modo del tutto indipendente.
Una recente ordinanza del 18 agosto 2023 della Corte del distretto di Columbia ha negato tutela autoriale alle opere create con sistemi di intelligenza artificiale. La corte ha negato la richiesta di registrazione dell’opera d’arte intitolata “A Recent Entrance to Paradise” a nome dell’AI “Creativity Machine” di Steven Thaler, in quanto l’Intelligenza artificiale non può essere riconosciuta autrice di un’opera d’arte per mancanza di creatività intellettuale che la legge – per il momento – riserva all’uomo. Ad oggi si nega per lo più che un’Intelligenza Artificiale possa dirsi creatrice di opere d’arte, anche se il Tribunale cinese di Shenzen ha riconosciuto tutela autoriale ad un articolo scritto da un programma di intelligenza artificiale.
Sembra davvero uno di quei casi in cui mai fu più calzante la nota dotta, ai posteri l’ardua sentenza.