Minacce ai marchi celebri
Il mondo del Glamour è costellato da marchi celebri e celeberrimi che nel tempo hanno saputo e sanno dettare le regole della moda con grande capacità di innovazione, lettura del mercato, creazione di nuovi bisogni.
A sostegno del valore attrattivo di questi marchi sono investite ingenti somme in promozione, realizzata attraverso testimonial, campagne promozionali istituzionali e di prodotto, uscite pubblicitarie su social, televisione e stampa.
L’acquisto di beni contraddistinti da marchi famosi permette ai consumatori di identificarsi nella marca, esprimere loro stessi e dimostrare l’appartenenza ad un cerchia sociale. Pertanto, è innegabile il potere attrattivo dei brand famosi che diventano collettori di acquisti. Tale circostanza espone i marchi di molte aziende leader, al rischio di vedere riprodotti nei modi più svariati i propri marchi, design o altri segni distintivi.
Nel presente articolo analizzeremo dunque come i marchi celebri possono essere avvicinati con il fine più o meno palesato di beneficiare del loro potere attrattivo e di vendita.
La Parodia
Il primo e fors’anche il più simpatico è la parodia. Che cosa si intende per parodia di un marchio?
Si parla genericamente di parodia di un marchio quando il termine o il simbolo che lo contraddistingue sono utilizzati in modo ironico sui prodotti.
Parlando di parodia, diventa necessario trovare un equilibrio tra lo ius excludendi alios attribuito al titolare di un segno e un genere artistico, quale quello della parodia e della satira, ampiamente diffuso nella nostra cultura e che rappresenta una forma di espressione del pensiero e della personalità dell’uomo.
Ecco, quindi, che vale la pena, in primis, di compiere un distinguo tra la parodia che potrebbe arrecare nocumento al marchio notorio in quanto lesiva alla reputazione del marchio e quella lesiva invece, non già della reputazione ma eventualmente del potere attrattivo. Prima di addentrarci sulle differenze, occorre considerare che normativa e giurisprudenza hanno ormai ratificato e riconosciuto la funzione c.d. attrattiva o promozionale del marchio, valorizzando il selling power e il capitale pubblicitario investito per il raggiungimento di certi livelli di capillarità e riconoscibiltà sul mercato. Come si vedrà nel commento ai casi di parodia, detto riconoscimento ha comportato un rafforzamento della protezione a prescindere da rischi di confondibilità tra i segni o da profili di inganno per i consumatori.
Alcuni Esempi
La prima forma di parodia lesiva dell’”onore” e reputazione è quella comunemente chiamata nel settore tarnishment o blurring e può realizzarsi o perché il marchio famoso sia abbinato a prodotti di scarsa qualità rispetto a quelli proposti sul mercato o per via di accostamenti del marchio a espressioni poco edificanti, all’incitazione all’uso di droghe o all’alterazione o alla sovversione dell’ordine pubblico.
Rispetto alle ipotesi sopra menzionate, si sono verificati dei casi di accostamento del marchio Diesel ad espressioni scurrili (e.g. Porco Diesel) o del marchio Agip all’utilizzo di droghe (e.g. Agip-Acid).
Il caso “Porco Diesel” venne affrontato dal Tribunale di Torino, in relazione alla riproduzione su magliette dell’espressione. Il resistente si era difesa sostenendo che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, era stata riprodotta sulle magliette una «espressione molto usata nello slang giovanile, anche perché legata ad una nota canzone di un gruppo musicale … che da molti anni l’aveva proposta al pubblico».
I Giudici torinesi hanno ritenuto che la notorietà conseguita dal marchio potesse indurre il pubblico a ritenere che il titolate del marchio avesse «autorizzato o comunque consentito la commercializzazione di prodotti recanti una scritta che contiene il proprio marchio registrato», riconoscendo in capo a quest’ultimo il pieno diritto di disporre dei propri diritti di privativa.
Un caso analogo è stato trattato dal Tribunale di Milano che ha, ancora, confermato l’ampiezza dei diritti del titolare del marchio in quanto ha ritenuto che “costituisce contraffazione del marchio registrato Agip, il marchio Acid consistente nella raffigurazione di un cane a sei zampe dalla cui bocca esce una fiammata abbinata alla scritta «Acid» al posto della scritta Agip”. Detto marchio gode infatti di rinomanza ed il suo uso da parte di terzi, senza autorizzazione, è idoneo ad arrecare un indebito vantaggio al terzo ed un pregiudizio alla rinomanza del marchio.
Alcuni casi di parodia che hanno leso il potere attrattivo
Molto discussa è la vicenda Fake Lab. Fake Lab è l’esperienza di giovani creativi milanesi che, palesando il carattere non originale dei prodotti venduti, hanno realizzato una commistione di marchi celebri e applicato le più raffinate tecniche di look alike, rappresentando ad esempio il marchio VERSACE dentro la corona circolare tipica di Starbucks o il noto marchio SAINT LAURENT giustapposto alla nota S di Superman, iscritta in corona triangolare.
Su caso si sono pronunciati Tribunali Civili e Penali, data la risonanza dell’iniziativa.
Il Tribunale di Ravenna aveva disposto il sequestro di capi di abbigliamento che riproducevano questi noti marchi “mascherati”. Il caso, a fronte di una richiesta di dissequestro disattesa, viene portato dai titolari del marchio Fake Lab in Cassazione e la Suprema Corte, in modo piuttosto inaspettato, con la sentenza n. 35166 del 31 luglio 2019, ha affermato che non si configura la contraffazione del marchio quando i prodotti oggetto di sequestro probatorio presentano un’indiscussa originalità risultando, nel caso di specie, caratterizzati da immagini create attraverso l’uso di marchi noti, non a fini “distintivi”, e dunque “imitativi”, ma piuttosto a fini “parodistici”, ovvero “artistici e descrittivi”.
La Suprema Corte, nell’escludere l’applicabilità degli articoli 474 e 473 del Codice Penale, che richiedono la sussistenza di una situazione di confusione, ha richiamato l’articolo 27 della Direttiva UE 2015/2436 secondo cui l’uso di un marchio d’impresa da parte di terzi, consistente in un’espressione artistica, dovrebbe essere considerato corretto se conforme alle consuetudini di lealtà, in campo industriale e commerciale.
L’orientamento della Corte non ha tuttavia trovato seguito in ambito civile dove il Tribunale di Milano che è stato investito del caso Fake Lab a seguito di nuovi episodi di commercializzazione dei capi.
Il Tribunale milanese ha escluso qualsiasi legittimità dell’uso parodistico dei marchi come realizzati da Fake Lab, in quanto l’uso dei segni celebri è realizzato meramente con finalità commerciali, mancando qualsiasi vocazione realmente artistica o con valore di opera d’arte.
Il medesimo Tribunale civile di Milano è ulteriormente tornato sull’argomento con ordinanza del 13 gennaio 2020, n. 50270 relativa al caso “Kappa”. Il segno distintivo “Kappa” veniva rappresentato graficamente con caratteri distintivi propri del marchio “Kinder” e in quest’occasione il Tribunale, da un lato ha evidenziato le differenze tra il piano civile e penale e dall’altro ha confermato che l’uso parodistico di un marchio è da ritenere contraffattorio in quanto lesivo dell’interesse economico dell’utilizzatore.
In ambito civile è infatti previsto che i marchi notori possano ricevere una protezione a prescindere dal rischio di confusione e per il solo fatto che sussista la c.d. “doppia identità” tra segni e prodotti e servizi contestati. In tale circostanza è superflua ogni verifica sulla sussistenza di un eventuale rischio di confusione.
Le decisioni in sede civile sono quindi determinate a salvaguardare le posizioni dei titolari dei marchi notori e questo approccio è più che condivisibile in quanto evita ulteriori tentativi di agganciamento strumentale all’usurpazione del selling power dei marchi.
E del resto l’iniziativa di Fake Lab riproduce una prassi già in voga da molti anni nel sottobosco della contraffazione cinese dove l’abbinamento indebito di marchi noti di terzi trova radici annose.
La vera chiave di lettura del fenomeno deve infatti, probabilmente, essere ricercata nella risposta a questi quesiti.
- Quanta risonanza avrebbe un’iniziativa volta a introdurre sul mercato delle t-shirt del tutto anonime?
- Quanti investimenti sarebbero necessari per la creazione di una grafica accattivante pensata per avere presa sul mercato?
- Quanto tempo e risorse sarebbero quindi risparmiati dai new comers se tali iniziative fossero consentite?