Tacchi a spillo e cultura: il connubio che non ti aspetti
In questo numero dedicato alle città, conosceremo come sorprendentemente la materia della Proprietà Industriale si innesta con il patrimonio culturale del nostro Paese.
Se un produttore volesse riprodurre un monumento sulla suola di una calzatura, in una borsa o addirittura, come già accaduto, nel tacco di una decolté, quali sono le condizioni da rispettare?
È necessaria un’autorizzazione per la riproduzione?
In caso affermativo, a chi si deve richiedere l’autorizzazione per riprodurre un’opera d’arte o un monumento?
Quando si parla di riproduzione di un’opera d’arte, occorre anzitutto precisare che la riproduzione su calzature, abbigliamento o accessori moda, passa attraverso la riproduzione fotografica dell’opera stessa.
Pertanto, sull’immagine scattata insiste anche il diritto d’autore di chi abbia scatto la foto stessa. Tale diritto può essere oggetto di negoziazione con l’autore della foto e la gestione può essere regolata agilmente con un piccolo contratto ad hoc.
Diverso è invece comprendere come debba essere gestito l’utilizzo dell’immagine rispetto a chi tiene in custodia il bene, ad esempio se si tratti di un quadro, oppure di un monumento.
La questione deve essere analizzata considerando vari aspetti:
- Uso privato o commerciale delle immagini;
- Sussistenza del diritto d’Autore sull’opera raffigurata o scadenza dello stesso.
Cosa dice la normativa
In linea di principio è consentito fotografare luoghi pubblici, edifici o monumenti visibili pubblicamente con la possibilità di divulgare le immagini «per uso personale o per motivi di studio ovvero da soggetti pubblici per finalità di valorizzazione» ai sensi dell’articolo 108 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, mentre l’articolo 70 della legge sul diritto d’autore autorizza la riproduzione fotografica di opere «con fini di critica o di discussione … purché non costituisca concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera».
Quando invece si desidera trarre guadagno da una fotografia che rappresenta un edificio più o meno noto o quantomeno riconoscibile, occorre ottenere l’autorizzazione dal proprietario e/o dall’architetto.
In alcuni casi potrebbero essere ancora sussistenti i diritti d’autore che hanno durata fino a 70 anni dopo la morte dell’Autore stesso, in altri invece potrebbero essere scaduti.
Se non sono decorsi i termini della validità del Diritto D’Autore, va da sé che sarà necessario chiedere l’autorizzazione all’Autore, se scaduti invece l’utilizzazione non è del tutto libera.
Ad esempio, nel caso di riproduzione fotografica delle opere d’arte conservate nei musei statali, è necessario ottenere l’autorizzazione del Soprintendente.
Nel caso dei monumenti storici, case o giardini, la riproduzione è possibile ai sensi e con i limiti previsti dagli art. 107 e 108 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio. Per la riproduzione di opere custodite dal Ministero e dagli altri enti pubblici territoriali è quindi necessario il rilascio dell’autorizzazione da parte del Capo dell’Istituto che ha in consegna l’opera stessa. Per fare un esempio concreto, se scattassi una foto al Pantheon, ossia un monumento storico collocato in spazi aperti, su cui non sussiste più nessun diritto d’autore, la pubblicazione e l’uso per fini commerciali sarà possibile previa autorizzazione all’amministrazione consegnataria (in questo caso il Comune di Roma) e il pagamento di un canone, secondo quanto previsto dall’articolo 108 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio. La concessione dell’autorizzazione è quindi a titolo oneroso.
Generalmente, le Soprintendenze non vendono immagini o diritti, ma occorre appunto fare una richiesta di pubblicazione, specificando il motivo, e poi inserire l’autorizzazione nello stampato.
Libertà di Panorama
I limiti sopra indicati ovviamente subiscono restrizioni per i casi in cui si realizzino delle alterazioni del soggetto originario, tali da offenderne il decoro e i valori che esso esprime.
I suddetti limiti all’utilizzo del patrimonio artistico e culturale a scopo di lucro, si scontrano con la c.d. «libertà di panorama» prevista da alcune legislazioni in Europa. Tale libertà consente di fotografare un’opera d’arte, un monumento o un edificio che si trova in un luogo pubblico e di farne uso anche a scopo commerciale. A livello Europeo, con la nuova Direttiva (UE) 2019/790 sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico, si è tentato di estendere la libertà di panorama a tutta l’Europa ma sono arrivate forti pressioni da Francia e Italia che possono contare su una grande ricchezza in tal senso.
La questione è di estrema attualità vista anche la recente uscita delle Linee Guida sulla riproduzione dei beni culturali e sull’uso degli spazi culturali che hanno introdotto novità per gli sfruttamenti commerciali e privati dei beni che appartengono al patrimonio culturale.
In particolare, l’intervento è frutto del dibattito che vede contrapposti coloro che ritengono sia necessario valorizzare economicamente il patrimonio artistico nazionale mediante il pagamento di fee e chi, al contrario, è favorevole al libero utilizzo.
La querelle si è accesa con la riproduzione in versione NFT del Tondo Doni, di Michelangelo, celeberrima opera del 1504-1506 che rappresenta la Sacra Famiglia.
L’NFT è stato venduto al costo di € 240.000, garantendo un interessante incasso al Museo.
Un primo intervento è stato quello per mano dell’Istituto centrale per la digitalizzazione del patrimonio culturale (Digital Library) del Ministero della Cultura che ha rilasciato le “Linee Guida per l’acquisizione, la circolazione e il riuso delle riproduzioni dei beni culturali in ambiente digitale” con l’obiettivo di riordinare e razionalizzare i regolamenti in materia di riproduzione e, quindi, semplificare le procedure su scala nazionale.
Successivamente, il Ministro della Cultura è intervenuto con Decreto del 11.04.2023, pubblicando le “Linee Guida per la determinazione degli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi per la concessione d’uso dei beni in consegna agli istituti e luoghi della cultura statali”.
Il Decreto ribadisce i principi già adottati in passato, prevedendo il pagamento di “importi minimi” da corrispondere per la riproduzione di beni culturali e per l’uso di spazi. I singoli enti potranno prevedere canoni e corrispettivi superiori rispetto a quelli delle Linee Guida.
Il Decreto ribadisce (richiamando il Codice dei beni culturali) inoltre che la concessione per l’uso e la riproduzione dei beni culturali è subordinata alla verifica di compatibilità della destinazione d’uso della riproduzione con il carattere storico-artistico dei medesimi beni. I singoli enti potranno quindi rifiutare atti di utilizzazione ritenuti incompatibili o inopportuni.
Le linee guida, oltre a prevedere una forma di rimborso anche per l’utilizzo senza scopo di lucro, per i casi in cui lo scopo di lucro sussista, fissano un corrispettivo minimo che tiene conto di una tariffa unitaria determinata in funzione della destinazione delle riproduzioni (editoria, riviste scientifiche, pubblicazioni online, brochure e locandine, pubblicazioni in copertina, pubblicazioni cartacee non scientifiche ed e-book, merchandising, pubblicità) e della quantità o alla tiratura.
La risposta al quesito iniziale è quindi nel senso di negare il libero utilizzo delle riproduzioni fotografiche del patrimonio artistico e culturale. È necessario l’ottenimento di autorizzazione dell’ente e il pagamento di un corrispettivo parametrato al caso concreto.
In questo scenario non sorprende la decisione del Tribunale di Venezia che ha inibito a Ravensburger la commercializzazione del puzzle con l’Uomo Vitruviano!
era Wiki loves Monuments di cui è ancora in corso la nona edizione.